CAPOLAVORI PER SANT' ANTONIO
Padua, Museo al Santo, 9 de abril-9 de julio 1995
Joan Sureda, comisario científico y museográfico de la exposición y editor catálogo.
Autores catálogo: Joan Sureda i Pons, Claudio Bellinati, Clara Gelao, Fernando Antonio Batista Pereira, Alberta De Nicolò Salmazo.
Documentación: Eva March, Elisenda Ruiz.
Diseño expositivo: Stefano Gris.
Non c'è alcun museo che raccolga immagini di Sant'Antonio tanto numerose e belle
quan to quelle conservate a Padova, in particolare nella basilica del santo. Per questo
motivo la mostra I capolavori per Sant'Antonio ha scelto di concentrarsi soltanto su alcuni aspetti della sua iconografia: in particolare, la figura del santo e il momento culminante dell'incontro con Gesù Bambino. Si è volontariamente limitato il numero
delle opere esposte, perché una mostra megalomane allestita a fianco della Basilica
non avrebbe ragione di essere; parimenti, si è circoscritta la portata cronologica di
questa rassegna delle rappresentazioni del santo. Uno degli aspetto più noti di
Sant'Antonio, quello di autore di miracoli, di taumaturgo, non è stato preso in considerazione.
Coloro che visiteranno la mostra, visiteranno infatti anche la Basilica, la
Scaletta e il Museo Antoniano, inaugurato di recente. Attraverso le opere di Donatello,
del Lombardo, del Sansovino, di Compagna, di Tiziano e di moltissimi altri artisti
potranno ripercorrere la vita e i miracoli di Sant'Antonio. l capolavori ha perseguito
invece altri obiettivi.
Quello fondamentale è l'accostarsi intimamente al santo , sul piano non solo estetico,
ma anche devozionale, un colloquio a tu per tu con colui che accolse tra le sue braccia
il Bambino Gesù e lo accarezzò con le sue mani. La mostra consta di tre gruppi di
opere distinte, selezionate per motivi diversi Il primo gruppo ci mostra solo la figura
del santo: una visione breve e fugace, ma, auspichiamo, intensa. Si è scelta un'opera,
quella di Tommaso da Modena, certamente dipinta per un convento di Padova, affinché offra un'immagine del santo contemporanea di quelle che un tempo si credefossero veri ritratti. Padova non poteva essere assente alla mostra: un gruppo di opere, non numerose ma importanti, rende omaggio alla città che ha reso universale il
santo e che, a sua volta, dal santo è stata resa celebre. In tal senso non poteva mancare la lunetta affrescata dipinta dal Mantegna per accogliere i pellegrini che accedevano alla Basilica. Malgrado il suo restauro non sia ancora concluso, questo simbolo della città e del santo non poteva mancare. Né poteva mancare la chiesa di San Francesco. Il fondatore dell'Ordine, contemporaneo di Sant 'Antonio, è presente in tutta la mostra. In questo caso si è scelta una tavola con I Santi Ludovico da Tolosa e Antonio da Padova, dipinta da Giorgio Schiavone per la chiesa di San Francesco. Questa visione di Sant'Antonio, che deve molto a Manregna, si completa con una tavola connessa anch'essa con l'artista, nato fra Padova e Venezia: il Sant'A ntonio di Bartolomeo Vivarini. Padova, la Basilica e Mantegna sono dunque il fulcro di questo primo gruppo di opere che si completa con altri due capolavori di significato specifico. La tavola di Fiorenzo di Lorenzo, artista che imparò senz' altro la lezione di Piero della
Francesca, il quale ha lasciato una delle più belle pale d'altare mai dipinte che raffigurano il santo; e il Sant'Antonio da Padova di Perugia, che presenta il santo attorniato dai santi più amati del Cinquecento. Manca San Francesco, ma il primo gruppo di opere si chiude con una magnifica tavola di Francesco Francia che, nel corso della storia, è stata considerata a volte un'effigie di Sant'Antonio, a volte di San Francesco.
Una mostra dedicata a Sant' Antonio da Padova non sarebbe completa se non ospitasse l'arte ed evocasse la devozione della patria del santo: il Portogallo. Nella parte centrale, la mostra presenta le opere dei migliori pittori portoghesi della prima metà del Cinquecento, pittori e opere in passato misconosciuti perché la loro conoscenza non ha superato i confini del loro paese d'origine o dei musei che le custodiscono, ma che formano senza dubbio uno dei lasciti artistici più imporranti dell'Europa cinquecentesca. Fra le opere esposte spiccano il trittico di Vasco Fcmandcs, il Grão Vasco, pittore quasi mitico paragonato per la sua abilità ad Apcllo, e le tavole provenienti dal monastero di Setubal. Queste ultime ci mostrano Sant' Antonio e San Francesco, entrambi con i loro titoli d'onore più preziosi, i segni della partecipazione al corpo stesso di Dio, nonché l'episodio fondamentale nella vita di Sant' Antonio, il martirio dei cinque frati minori, che lo indusse a cambiare rotta, spingendolo a entrare nell'ordine francescano, a recarsi in Marocco e, per volontà di Dio, ad approdare infine in Italia. In questo caso si è voluto mettere in evidenza la relazione dell' arte portoghese con quella fiamminga attraverso il trittico inizialmente attribuito a Goswìn van der Weyden, ma da assegnare forse a un pittore portoghese che lavorò nella bottega di quest'ultimo.
Il terzo e ultimo gruppo di capolavori della mostra ha per soggetto il privilegio più
grande che il ciclo concesse a Sant' Antonio: la contemplazione in vita del Bambino
Gesù e, addirittura, il poterlo prendere tra le braccia. Certamente nessun pittore ha
rappresentato questo atto d'amore con tanta bellezza e perizia pittorica quanta ne dimostrano nelle loro opere il Morazzone, Pereda, Zurbaràn, Murillo e Ribera. I loro
dipinti magistrali esemplificano con tutta la pienezza dell' arte barocca l'unione fra
l'uomo e il Dio; altrettanto fa, in maniera superba, lo scultore Juan de Juni, la cui statua
del santo è, a nostro avviso, una delle poche di rutti i tempi che regge il confronto
con quella eseguita da Donatello per l'altare della Basilica. In una mostra dedicata a
un santo universale come Sant'Antonio abbiamo ritenuto che non potesse mancare
un'interpretazione femminile del momento supremo in cui Sant' Antonio prende il
posto che solitamente è di Maria. Nessuna artista ha uguagliato Elisabetta Sirani nel
trattare il tema con tanta perfezione.
Come si accennava sopra, la mostra ha limitato la propria ampiezza cronologica, selezionando opere realizzate fra il Trecento e il Seicento , ma soprattutto negli ultimi due secoli. In seguito altri grandi pittori, ad esempio Tiepolo e Goya, tanto per citare due nomi, dipinsero opere notevoli dedicate a Sant' Antonio. Ma abbiamo scelto di fermarci in quel punto in cui, a nostro avviso, la pittura religiosa conobbe il suo ultimo
periodo di grande splendore, fatte salve alcune eccezioni quali quelle menzionate. È
evidente che una mostra non è un museo immaginario, come pensava Malraux. La
fragilità di alcune opere, il precario stato di conservazione di altre, e la conseguente
impossibilità di farle viaggiare ci hanno costretti a rinunciare a capolavori di artisti
quali Cosmé Tura, Piero della Francesca o el Greco (quest'ultimo, d'altronde, dipinse
un unico Sant'Antonio in tutta la sua lunga carriera artistica). A volte il desiderio deve
piegarsi alla ragione, come osservò il santo portoghese in uno dei suoi sermoni. Ad
ogni modo, nell'impostare la mostra ci ha guidati sin dal principio un intento, che ci
ha fatto da stella polare: servire ugualmente la storia e lo sguardo, il piacere della contemplazione e la bellezza del contemplato. ( Joan Sureda, «A proposito della mostra»).